Una battaglia di giustizia per Tropea
Una battaglia di giustizia per Tropea. L’8 gennaio scorso, presso il TAR del Lazio, si è svolta l’udienza cruciale sul procedimento per lo scioglimento degli organi elettivi del Comune di Tropea. L’udienza pubblica ha visto la partecipazione dei ricorrenti e dell’Avvocatura dello Stato. Nessuno si è presentato in rappresentanza del Comune di Tropea, che, pur rivestendo il ruolo di semplice controinteressato, è intervenuto nel giudizio su espresso mandato del dott. Roberto Micucci, un dettaglio tutt’altro che marginale che lascia spazio a molteplici ed inquietanti interrogativi.
La breve discussione si è focalizzata su alcuni temi, particolarmente suggestivi, che la Commissione di Accesso agli atti, presieduta dal dott. Roberto Micucci, oggi membro della commissione Straordinaria che governa il Comune di Tropea, e, pedissequamente, l’allora Prefetto di Vibo Valentia, dott. Paolo Giovanni Grieco, hanno utilizzato per motivare le proprie conclusioni, nelle rispettive relazioni.
Si è fatto cenno ai recenti casi di Nicotera, Mileto e Filadelfia, ove le relazioni delle commissioni di Accesso presiedute tutte dal Dott. Micucci, sono state tutte clamorosamente sconfessate dal Ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, che ha disposto l’archiviazione dei tre casi, l’ultimo dei quali, Filadelfia, particolarmente imbarazzante anche per via di quel tentativo di sostenerlo attraverso un fatto di cronaca che un giornalista ha cercato maldestramente di affibbiare a Tropea. Mi riferisco al curioso episodio della lettera di minacce recapitata dallo stesso autore in Prefettura durante lo svolgimento della riunione del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza riservata all’Affaire Filadelfia.
Tre vicende, forse, non proprio rilevanti dal punto di vista giuridico, ma che denotano un netto cambio di rotta del Ministero degli Interni nell’applicazione dell’art. 143 TUEL e, ancor di più, una maggiore e diversa attenzione rispetto a quanto prodotto dalla Prefettura di Vibo Valentia a guida dott. Grieco.
Si è cercato di invertite, a nostro favore, il principio medievale dell’impressione del “più probabile che non” evidenziando come le operazioni contro la ‘ndrangheta (condotte da una DDA guidata da un Procuratore del dott. Nicola Gratteri, un magistrato noto per la sua fermezza, certo non per il garantismo) che hanno interessato la provincia di Vibo Valentia e utilizzate dall’inquisizione per colpire Tropea, non abbiano mai interessato esponenti dell’amministrazione, funzionari comunali e men che mai il sindaco, assessori o consiglieri.
Si è stigmatizzato come ditte, una in particolare, tacciate di contiguità alla criminalità organizzata siano da sempre imprese fiduciarie della Prefettura di Vibo Valentia che, recentissimamente, ne ha riconosciuto espressamente, con provvedimento a forma Micucci, l’impermeabilità al crimine organizzato.
Sono molto soddisfatto di come è andata la discussione, ma ancor di più per la qualità delle difese che, grazie al team di avvocati che hanno sposato la mia causa, abbiamo approntato. È stato un lavoro lungo, sapiente e certosino che non ha lasciato nulla al caso e, cosa più importante, non ha eluso alcuno degli addebiti mossi dal Dott. Micucci. Abbiamo affrontato ogni accusa a testa alta, con trasparenza e con argomentazioni inoppugnabili.
Continuo ad avere piena fiducia nella giustizia e nei giudici chiamati a decidere il caso e guado con ottimismo al loro responso pur non ignorando come la norma medievale dell’art. 143, una norma in bianco mutuata forse dall’Iran degli Ayatollah e non già dalla nostra tradizione giuridica, renda legittima e lecita ogni decisione. Ma non tutto ciò che è lecito è onesto e in questa convinzione, che unisce onestà e giustizia, ripongo la mia speranza e il mio ottimismo.